La parola improvvisare nella nostra società contemporanea viene spesso usata con una connotazione piuttosto negativa e sminuente, che in realtà non è il suo significato principale ma quello esteso e riflessivo.
Così, spesso si dà per scontato che improvvisare significhi esclusivamente assumersi un compito per il quale non si ha alcuna competenza specifica, oppure fare qualcosa senza la dovuta preparazione o allestire in fretta e con mezzi per lo più di fortuna.
Quasi l’unica accezione positiva viene data a questa parola in riferimento all’arte, e in particolare nell’ambito della musica, dove comporre sul momento generalmente viene apprezzato.
Durante l’improvvisazione in musica si produce il materiale sonoro senza seguire uno spartito, liberamente (senza alcuna regola) oppure su schema (che determina in una certa misura).
Chi non ha mai sentito dell’improvvisazione jazz, in cui i musicisti suonando un brano standardizzato elaborano sul momento variazioni melodiche, armoniche o ritmiche?
Improvvisare in fondo significa dare forma a qualcosa facendolo. Presuppone la conoscenza approfondita, al punto di essere in grado di giocare con leggerezza creando sul momento, lungi dall’essere una mancanza di competenza.
L’espressione deriva dal latino improvìsus con il significato di “senza vedere innanzi, non previsto, non pensato, non meditato, inaspettato”.
Se ci riflettiamo, la vita prima dell’avvento della rivoluzione industriale era contrassegnata dall’improvvisazione in vari campi.
Con l’età moderna invece standardizzare e pianificare è diventato un modus operandi pervasivo e quasi obbligatorio in tutti i settori dell’esistenza. Il significato della parola ci parla del “preparare, programmare, gettare in avanti”.
Pianificare ha i suoi chiari vantaggi. Favorisce l’efficacia ed efficienza, aiuta a gestire meglio il tempo, permette di valutare i progressi del processo pianificato.
Ma quando è un modo di fare troppo intenso e troppo pervasivo (diffuso nei vari aspetti della vita), può trasformare la vita in un nastro trasportatore simile a quelli della catena di montaggio in una fabbrica. Esattamente questo avvertimento era l’intento del celebre film “Tempi moderni” di Charlie Chaplin, che già nel 1936 intravedeva l’alienazione come pericolo che si nasconde dietro l’efficienza e la pianificazione perfetta.
Un processo standardizzato è senza dubbio più veloce e produttivo, ma è monotono e ripetitivo. Se allarghiamo questo concetto non solo alla produzione e ai processi lavorativi di tutte le tipologie, ma anche al sistema di apprendimento, alle “scelte obbligate” in materia di vita privata e agli stili di vita in generale (pensiamo a quanto anche la sessualità in misura sempre più dilagante viene vissuta in maniera simile all’atto di prestazione seriale), diventa chiaro che si assottiglia la differenza tra l’uomo e la macchina (ovvero un robot programmato).
Una prestazione pianificata ha sempre qualcosa di rigido, anche se tecnicamente perfetta, e chi basa la vita esclusivamente sulla pianificazione inevitabilmente tende verso la rigidità: di schemi mentali, emotiva, caratteriale e così via.
Questo chiaramente lascia le tracce e le conseguenze: i disagi interiori tipici dell’uomo moderno, che si traducono in sintomatologie anche fisiche per arrivare fino alla perdita del senso della vita.
Allora qual è l’utilità della pianificazione onnipresente? Pianificazione è utile in misura in cui migliora la vita, e se questa misura viene superata, inizia a peggiorarla. Allo stesso modo, l’improvvisazione come modalità esclusiva può portare alla mancanza di progettualità e all’incocludenza che può essere frustrante tanto quanto vivere tutto come una serie di programmi da eseguire e portare a termine efficacemente.
Come sempre, la via di mezzo è d’oro. Unire la giusta proporzione di pianificazione e di improvvisazione è ideale, per lasciare spazio all’espressione libera e creativa del nostro potenziale unico dandogli però una direzione e una struttura per spronarlo e motivarlo ad esprimersi.
Lasciare spazio all’improvvisazione nella vita può sembrare avventato, ma oltre al risvolto pratico dell’apprendimento dell’abilità di riuscire a cavarsela in tutte le situazioni (sappiamo che la vita è piena di imprevisti, a dispetto del nostro tentativo di arginarli), c’è il vantaggio del soddisfacimento del bisogno di esprimere la natura creativa dell’essere umano.
Creativa nel senso che la vita di ciascuno è un atto di creazione mentre la viviamo, che ci viene a mancare se seguiamo esclusivamente gli schemi prestabiliti.
Diciamo che sarebbe ideale se la vita somigliasse ad una improvvisazione jazz. L’improvvisazione richiede una grande abilità, e di rimando, improvvisando si acquisisce una sempre più grande abilità.
La pianificazione riguarda la creazione della zona di comfort (necessaria in una certa misura, per ridurre il consumo di energie creando una certa stabilità) e la permanenza nel suo interno, mentre l’improvvisazione è uscire fuori dalla zona di comfort (altrettanto necessario in una certa misura, per non rimanere i suoi prigionieri).
“Per avere successo, non è sufficiente prevedere, dobbiamo anche imparare a improvvisare.”
Questa citazione non è di un artista con la testa fra le nuvole, ma di Isaac Asimov: scrittore, biochimico e divulgatore scientifico di enorme successo, ideatore delle tre leggi della robotica, divenute un riferimento fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e autore di 500 volumi pubblicati su argomenti scientifici, ma anche di fantascienza di cui alcuni hanno avuto trasposizioni cinematografiche.
Dunque, visto che sulla pianificazione la società odierna già mette l’accento abbondantemente, come possiamo imparare a improvvisare?
Ecco 5 suggerimenti che possono aiutare:
1.Ogni tanto fare le passeggiate senza una meta precisa, prendendo strade nuove e totalmente sconosciute
Questo apre alla possibilità di permettere a se stessi di perdersi, o come amiamo dire, sbagliare, tuttavia scoprendo contemporaneamente cose nuove ed arrivando comunque a ritornare;
2.Aprirsi alla curiosità
Imparare molte cose diverse aumenta la possibilità che l’intuizione trovi la risposta giusta al momento giusto facendo le associazioni (tecnicamente di fatto creiamo molte nuove sinapsi cerebrali, ovvero nuovi contatti tra i neuroni diversi);
3.Cercare di informarsi o esercitarsi il più possibile sulle aree di nostro interesse, con giocosità anche se si tratta di qualcosa che ci annoia
In modo di acquisire un automatismo di base che dà la sicurezza necessaria per poter fare le “variazioni a tema”;
4.Tenere a mente l’obiettivo finale che ci interessa raggiungere quando facciamo qualcosa
E’ come avere un faro che aiuta ad orientarsi verso una direzione, che permette di trovare i modi di arrivarci magari anche ricorrendo all’estro del momento;
5.Essere totalmente presente mentre facciamo qualcosa
Guardare, ascoltare, prestare attenzione aiuta a cogliere le informazioni preziose per regolare le nostre azioni in risposta agli stimoli momento per momento, oltre che goderci appieno l’esperienza.
E tu? Sei più incline a pianificare o a improvvisare? Dimmelo nei commenti, magari dopo aver visto il trailer del film “Tempi moderni” di Charlie Chaplin che potrebbe ispirare qualche riflessione ed anche ricordare il valore della giocosità: (1028) Charlie Chaplin e la fabbrica: Tempi Moderni (1936) – YouTube