Le parole che usiamo sono molto importanti, perché danno il nome a quel che facciamo o sentiamo, e perché guidano la nostra attenzione dando una sorta di commando in che modo organizzare la nostra energia e quindi la nostra condotta.

Alcune parole hanno un significato e il connotato inconfondibile e chiaro, altre le diamo per scontate ma se ci riflettiamo ci possiamo accorgere di usarle in modo innapropriato.

Questo ci può causare qualche confusione nel modo di sentire o nel comportamento a cui si riferiscono le parole.

Uno di questi casi è quello delle parole difendersi e proteggersi. Spesso nella quotidianità sono usate una al posto dell’altra come se fossero dei sinonimi, ma in realtà si distinguono, e questa distinzione si riflette molto nell’atteggiamento interiore verso gli altri e verso il mondo in generale.

È così che “costruiamo i muri” intorno a sé e “tiriamo i calci” agli altri (metaforicamente parlando) quando non c’è alcun motivo di farlo.

L’etimologia ci può aiutare a fare chiarezza. Difendere proviene dal latino defendere, composto di de- “allontanamento” e fendere “colpire, urtare”, quindi il significato è allontanarsi da un colpo, schivare l’urto, ripararsi da un pericolo.

Proteggere proviene dal latino protegere, composto di pro- “estendere” e tegere «coprire», quindi il significato è allungare la coperta, estendere la copertura, con accezione di cura, di tutela, di aiuto.

Come vediamo, sono due significati diversi perché si riferiscono alle situazioni diverse. Ci difendiamo quando siamo attaccati. Ci proteggiamo al fine di curare se stessi.

Invece cosa facciamo spesso nella vita?

Assumiamo l’atteggiamento di difesa a priori. Ci difendiamo sempre e confondiamo questo con il prendersi cura di sé o aiutarci in qualche situazione.

Magari capita di farlo memori di qualche esperienza in cui abbiamo subìto un reale “colpo” dalla vita, ma questo non giustifica il fatto che sia sbagliato farlo.

Quel che è preoccupante è che in alcune persone l’atteggiamento difensivo diventa cronico, diventa un modo di vivere e si diffonde in tutte le situazioni e tutte le aree di vita.

Se mi difendo quando non c’è in realtà nessuno che mi sta attaccando o nuocendo in alcun modo, mi relaziono in modo inadeguato rispetto alla situazione. “E allora?” – dirà qualcuno.

E allora ricevo la risposta inadeguata rispetto ai miei bisogni. Perché confondo chi interagisce con me. Divento io la persona che attacca, che colpisce, e per di più senza alcun motivo.

Se colpisco (perché nella mia testa mi sto difendendo) è naturale che io riceva in risposta la difesa o magari un attacco a sua volta. La persona che interagisce con me non capisce cosa sta succedendo, ma il guaio è che neanche io nella maggioranza dei casi non so cosa sta succedendo.

Qual è la probabilità che io con questo atteggiamento ottenga dalla vita quello di cui realmente ho bisogno? Che può essere magari proprio affetto, riconoscimento o incoraggiamento?

Prossima allo zero!

Tutto questo spesso succede, come poco fa menzionato, in seguito alle esperienze dolorose del passato.

È naturale sentirsi feriti da un’esperienza dolorosa (figuriamoci se ce ne sono tante) e volerle prevenire nel futuro, ma la soluzione non sta nel vedere ovunque il pericolo e “aprire il fuoco” appena ci si avvicina qualcuno.

È controproducente. È un continuo invito al mondo ad “aprire il fuoco” a sua volta su di noi. È un perpetuo aggirare il coltello nella piaga.

La soluzione sta prima di tutto nel rendersi conto che si sta avendo un atteggiamento difensivo e riconoscere che quell’atteggiamento è semplicemente inadeguato, quanto è inadeguato andare in Giappone e parlare francese. È già metà soluzione.

Altra metà sta nel guardarsi dentro per consapevolizzare di quali ferite si tratta e lavorarci per guarirle; ci sono tanti libri che possono aiutarci, le chiacchierate con un buon amico possono fare la sua parte, e se si ha bisogno di un aiuto ulteriore ci si può rivolgere a una figura specializzata (psicologo, psicoterapeuta, coach o counsellor) o frequentare qualche corso di autostima o di lavoro specifico sulle ferite o sulle esperienze dolorose.

Il passo successivo è lavorare sull’acquisire di nuovo la fiducia: la fiducia nel mondo, negli altri e soprattutto in se stessi. Non è facile aprirsi di nuovo, ma a poco a poco si riesce. Quel che conta è l’intenzione di farlo e la costanza nel perseverare, anche se si procede con lentezza.

Contemporaneamente è importante imparare a proteggersi adeguatamente, perché è vero che un po’ di cautela ci vuole, e un po’ di cura verso la propria fragilità.

Proteggersi, non difendersi. Sviluppare le strategie per aiutare se stessi a valutare con distacco le situazioni e le persone con le quali entriamo in contatto o anche quelle con le quali siamo in contatto da tempo. Imparare a vedere le cose per come sono, cosa sta succedendo effettivamente e non cosa stiamo immaginando o distorcendo.

Imparare a proteggersi aiuta a sua volta ad aumentare la fiducia in se stessi. In questo modo siamo pronti ad affrontare le nuove sfide ed ottenere la soddisfazione dei nostri bisogni, invece di perpetrare il circolo vizioso di frustrazione. Poco alla volta possiamo di nuovo abbracciare la vita.

E tu, come ti poni verso gli altri, verso il mondo, verso la vita? Sai proteggerti e goderti la vita o ti difendi in continuazione?

Dimmelo nei commenti!